La Dott.ssa Claudia Cuman del Gruppo Alimentazione di Associazione Psicologi VCO intervista la Dott.ssa Erica Poli prima della sua conferenza a Verbania
La Dott.ssa Claudia Cuman del Gruppo Alimentazione di Associazione Psicologi VCO intervista la Dott.ssa Erica Poli prima della sua conferenza a Verbania
La Dott.ssa Erica Poli ospite di Associazione Psicologi VCO in "Cibo, psiche, emozioni"
Venerdì 29 novembre alle ore 21.00 Erica Poli sarà ospite di Associazione Psicologi VCO all'interno della rassegna: "si mangia anche per fame" in collaborazione con Coop, Bilbioteca di Verbania, il sostegno di Reale Mutua Agenzia Verbania Ossola e il patrocinio del Comune di Verbania e Gravellona Toce.
Saulo Zanetta presidente di Associazione Psicologi VCO e Sara Rubinelli Assessore alla Cultura del Comune di Omegna presentano il Professor Gustavo Pietropolli Charmet in "L'insostenibile bisogno di ammirazione".
Umberto Galimberti ospite di Agorà 2019 su invito di Associazione Psicologi VCO e Assessorato alla Cultura del Comune di Omegna.
Edizione 2019, secondo anno per Agorà e primo con la compartecipazione diretta di Associazione Psicologi VCO. Grandi nomi per un grande evento di cultura psicologica.
Psicoterapeuta dell’infanzia e della famiglia, docente di psicologia dinamica al Dipartimento di Filosofia dell’Università di Pavia, parte della Consulta (laica) di Bioetica, autrice di numerose pubblicazioni e collaboratrice di prestigiose riviste; Silvia Vegetti Finzi ha raggiunto molti traguardi nella propria vita.
Successi forse difficili da immaginare all’inizio della sua storia, quando la piccola Silvia era solo una bambina mezza ebrea, cresciuta senza genitori.
La sua autobiografia “Una bambina senza stella. Le risorse segrete dell’infanzia per superare le difficoltà della vita” è testimonianza, invece, che nei piccoli esistono capacità che, se lasciate libere, sanno fare del dolore un trampolino di lancio.
Un libro che sprona, a suon di ricordi, ad avere fiducia nelle potenzialità dei bambini. Un monito agli adulti che hanno paura di affidare i propri figli al mondo.
Dalla posizione di membro dell’osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, la professoressa Vegetti Finzi critica il contesto educativo attuale e propone alcune riflessioni.
Spesso le scelte di insegnanti, genitori ed educatori si rivelano inadeguate.
Affrontano la realtà con insicurezza piuttosto che con intraprendenza. Pensando di proteggere i piccoli, si sostituiscono a loro protraendo la loro infanzia, anziché sostenerli nei loro progressi.
Quello che accade è che la paura prende il posto della fiducia nelle loro risorse segrete.
“Anche il dolore serve a crescere. Non dobbiamo avere paura che i bambini siano infelici”
L’adulto pensa alla crescita del bambino come ad una freccia che procede sempre dritta. Decenni di studi e ricerche, invece, affermano che in un normale processo di sviluppo sono presenti anche blocchi, involuzioni e regressioni.
I grandi sono sorpresi e turbati da questa non linearità, vorrebbero che tutto procedesse speditamente sempre in avanti. Non riescono ad attendere. Bauman affermava che “attesa”oggi è diventata una parolaccia. Forse perché, quando si presenta un imprevisto, il permanere nell’incertezza amplifica la sensazione di inadeguatezza e impotenza.
Pertanto, quando c’è qualcosa che non va, l’adulto si spazientisce e cerca subito una soluzione. In questo modo egli prende il posto del bambino, togliendogli la possibilità utilizzare le proprie risorse e di proseguire nel proprio naturale processo di maturazione.
“I bambini sanno abbandonare le difficoltà perché si proiettano al futuro, quando vengono lasciati guardare la vita con il loro sguardo”
Non ci si diverte più a vedere un bambino che gioca. Ci si preoccupa. Potrebbe picchiare la testa là, potrebbe cadere lì, potrebbe farsi male. Sono tutti ragionevoli rischi e, giustamente, ci si adopera per prevenirli. Spesso, però, si finisce con il calare la cosiddetta “campana di vetro”. Ma quali sono le conseguenze?
I bambini non conoscono il rischio. Non sono liberi di circolare nello spazio, di esplorare e di sbagliare. Li proteggiamo da pericoli che non possono vedere, perché glieli abbiamo solo raccontati, ma non li hanno sperimentati.
Non c’è consapevolezza del proprio corpo, perché non ne conoscono i limiti. Non sanno se sono capaci di arrampicarsi su un albero, se riescono a spostare un masso, quanto possono correre fino a perdere il fiato. Abbiamo la prima generazione che non conosce le ginocchia sbucciate.
Le giornate vengono strutturate e saturate di impegni: scuola, doposcuola, sport, oratorio, corso di musica. Ci si potrebbe domandare se questa necessità di occupare il tempo risponda più ad un bisogno adulto. Ad ogni modo, ogni istante deve essere sfruttato per fare qualcosa.
“Il bambino che non fa niente in realtà sta psicologizzando. […] Il tempo vuoto serve per ideare, per creare, non solo per imparare”.
Psicologizzare significa, infatti, assimilare un’esperienza nella propria mente. Lo sviluppo di questa attività psichica richiede, talvolta, la sospensione da altre attività. È quello che, in parte, potremmo comunemente chiamare “riflettere”.
Occupare tutto il tempo con “il fare” toglie la possibilità di maturare “il pensare”. Anche di più, toglie la possibilità di essere creativi. Sono i momenti in cui i piccoli non sono impegnati a prendere idee preconfezionate quelli in cui possono iniziare a crearne delle loro.
Sì, è possibile amare troppo. Spesso la famiglia riversa aspettative molto elevate sui figli. Scambia il “volere il loro meglio” con il “chiedere loro di essere meglio”. I bambini e, in particolare, gli adolescenti percepiscono questo peso come delle promesse, spesso contraddittorie, a cui adempiere.
Allora succede una cosa senza precedenti: una volta nella mente degli adolescenti il super-io risuonava come un “non posso – non devo”, un no autoritario del padre patriarca. Ora il non posso è un “non ce la faccio – non sono all’altezza”.
I ragazzi sentono di non essere come dovrebbero, di non essere adeguati, di non valere. Non è più il malessere dell’adolescenza di una volta; quello che succede non è la ribellione, il conflitto e l’aggressività.
In una società competitiva, i genitori vorrebbero crescere dei figli armati per affrontare il mondo. In realtà quello che succede è che in Europa il 26% dei ragazzi tra i 14 e i 24 anni è la generazione “né né” o “niet”, quelli che non studiano e non lavorano.
Quelli che si chiudono in camera e vagano nello schermo, che fuggono in una realtà virtuale. Non si sentono accolti, non credono che esista uno spazio in cui poter abitare.
Il genitore non si accorge subito di questo disagio, perché non è palese come la ribellione. Anzi, si rincuorano di non avere figli con troppe pretese. Solo successivamente si rendono conto che questo ritiro è la progressiva morte del desiderio.
“Il desiderio nasce dall’accettazione di una mancanza, di ciò che non c’è più e non c’è ancora. Se questa accettazione diventa passiva abbiamo un’inettitudine al vivere che è uno dei più grandi problemi terapeutici di oggi”.
Come fare allora? Armarsi di quei “no che fanno bene”? Diventare fan del “sì, si può fare tutto”?
La professoressa Vegetti Finzi ci dà un suggerimento, usare il “SÌ, MA”.
SÌ, riconosco il tuo bisogno, so che ce la puoi fare, so che ne hai le capacità.
MA ci sono delle condizioni che devi rispettare, delle clausole del vivere comune, dei rischi da considerare, dei limiti che si possono contrattare.
Gli adulti, i genitori, gli insegnanti, gli educatori, devono iniziare a prendere consapevolezza delle paure che guidano le loro scelte educative e sostituirle con la fiducia. Devono avere uno sguardo di speranza sui bambini e avere talvolta il coraggio di aspettare.
Devono essere capaci di lasciare che le potenzialità emergano con i loro tempi ed essere pronti a riconoscerle e sostenerle nella loro espressione. Forse così avremo bambini con le ginocchia sbucciate, ma un po’ più felici.
Dott.ssa Serena Carpo
Prossimo appuntamento rilevante dopo Galimberti, Barbero e Recalcati, un altro grande nome invitato sulla nostra Provincia!
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Giovedì 10 maggio, Cappella Mellerio, Domodossola ore 20.45